Il dramma che sta vivendo Michael Schumacher sta impressionando tutti, da un capo all’altro del mondo. E si capisce. Semplicemente perché il più volte campione del mondo è un personaggio di primissimo piano. Si potrebbe dire che se ne deve parlare per forza. Ma se ne deve parlare anche perché un personaggio così, giovane, ricco, vincente, deve fare i conti con un incidente che fa rimettere in discussione tutto. Un campione che ha vinto sette titoli mondiali, che ha corso 307 gran premi, che ha fatto sberleffi alla mala sorte nei molti incidenti superati, rischia la vita perché è andato a picchiare la testa contro un sasso, su una pista di sci, fuori da ogni competizione, mentre si stava divertendo con il figlio.
PREGHIERE
Mentre le notizie arrivavano, un ritornello particolare le accompagnava: la promessa o l’invito a pregare per lui. «Prego Dio che finisca tutto bene» (Niki Lauda), «Dobbiamo solo pregare…» (Flavio Briatore), «Ricordo tutti i bei momenti e le risate insieme. Preghiamo per te» (Rubens Barrichello). «Con il mio cuore, pensieri e preghiere…sono lì con te grande Schumi» (Lapo Elkann). Perfino BILL CLINTON è intervenuto: «Penso oggi a Michael Schumacher e sono grato per tutto ciò che egli ha fatto per la Clinton Foundation e altro. Prego per lui e la sua famiglia».
Una situazione così drammaticamente inattesa contribuisce molto a parlare di preghiera. Le ragionevolezze umane sono venute meno e nasce la paura del peggio. In questa situazione, appunto, «non resta che pregare». Molti credenti, in situazioni simili, arricciano il naso: la preghiera sa troppo di un aiuto in più, più forte di tutti gli altri aiuti: una preghiera comunque interessata. E aggiungono, per completare, che non bisogna pregare solo quando se ne sente il bisogno, ma sempre.
IL GRANDE BRUSIO CHE SALE VERSO L’ALTO
Personalmente sono perplesso di fronte a queste perplessità. Primo. Perché non pregare quando si vive un grande pericolo, soprattutto quando è in pericolo la vita stessa? Secondo. Tutto questo pregare da parte di gente di diversa fede e di svariate convinzioni mi fa pensare a un enorme brusio che gli uomini fanno salire verso l’alto, verso “lassù” dove qualcuno forse ascolta. Tocca ai credenti semmai togliere il “forse” e dare un nome a quel qualcuno.
Che poi si preghi per un personaggio noto, è inevitabile. Non si può far ritornare nell’anonimato un uomo solo per il fatto che è stato vittima di un incidente. Il contrario, semmai.
Ma un uomo che, in un modo o nell’altro, si affida a Dio, con la sua preghiera, è sempre un uomo da rispettare: da rispettare perché soffre o soffre perché qualcuno sta male e, da rispettare perché, in questa sofferenza, è capace di un grande atto di coraggio: affidarsi.