Divorzio breve. Era inevitabile che vi si arrivasse. Ormai la pressione dell’opinione pubblica è troppo forte perché il legislatore possa resistere ancora. L’evento si presta facilmente a qualche considerazione.
Si conferma che la legge non viene prima, ma dopo la cultura. Prima nasce una certa cultura, un modo di sentire collettivo. Poi arriva la legge che la sanziona. Il guaio è che non si riesce a capire se esiste una cultura condivisa. Quello che è certo è che primeggiano su tutti i diritti inviolabili del soggetto, dell’individuo. Si fatica a parlare del bene comune che, essendo comune, dovrebbe prevalere sul bene puramente individuale, del bene della famiglia che potrebbe essere più importante del bene dei singoli componenti della famiglia, del bene dei disoccupati che dovrebbe premere di più di quello di chi ha già lavoro… e così via.
Il rischio inevitabile di questa legislazione, insomma, potrebbe essere questo: siamo in una società che è sempre meno società, inevitabilmente. Il composto sta dissolvendosi nei suoi atomi. Difficile dire se e come sarà poi possibile tornare indietro per rimettere insieme il composto. Ormai qualsiasi passo in avanti nell’affermazione dei diritti individuali è civiltà. Qualsiasi tentativo di arginare questo movimento è ritenuto barbarie.
Se questa è la cultura dominante c’è poco da fare. Per cui ci si chiede se per un credente che afferma la indissolubilità del matrimonio esiste qualche margine di azione. Esiste, ovviamente. Proprio perché ognuno è libero di fare quello che la legge permette di fare – e la legge è sempre più generosa al riguardo – il credente è libero di condividere con altri credenti ciò in cui crede. E quindi è libero di dire, insieme con altri credenti come lui: “Il matrimonio non si può sciogliere e io non intendo scioglierlo”. Tutto questo è già ammirevole soltanto perché è controcorrente. Ma non basta. L’ideale di un matrimonio così deve apparire bello a prescindere dal fatto che pochi ci credono. Insomma i credenti devono dire che restare fedeli alla promessa è bello, che è bello pagare qualcosa, che le cose “alte” scelte nella vita “costano” e non ci si deve spaventare che costino.
Ecco: torna di moda la testimonianza. La quale, oltretutto, proprio perché non dispone né di una legge a suo favore, né di una cultura che la appoggia è massimamente tollerante. Non impone nulla. Propone tutto. La comunità cristiana, cioè, propone insieme la bellezza di un ideale e la comprensione verso chi non ci arriva.