Maturità, Enrico Galiano: “Prima vera prova, ma anche mito da sfatare. Non è un giudizio definitivo”

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Gli studenti effettuano la prima prova di Italiano degli esami di maturit‡ presso il Lica Massimo D?Azeglio a Torino, 19 giugno 2019 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO

“Gli esami non finiscono mai” diceva Eduardo De Di Filippo, se è vero, quello di maturità è il primo esame importante da affrontare, una sorta di rito di passaggio, che traghetta lo studente dall’adolescenza alla vita adulta. 

“Notte prima degli esami, notte di polizia, Certo, qualcuno te lo sei portato via
Notte di mamme e di papà col biberon in mano. Notte di nonne alla finestra”. 

Antonello Venditti nella sua celebre canzone “Notte prima degli esami”, contenuta nell’album cult “Cuore”, già quarant’anni fa, dava voce e anima alle ansie dei maturandi alle prese con il temuto esame di maturità. 

Enrico Galiano, insegnante e scrittore, autore di “Una vita non basta” (Garzanti Editore 2024, pp. 432, 19,60 euro), dove descrive il rapporto tra uno studente poco studioso e un anziano e saggio professore, ci racconta da vicino questo temuto esame.

  • Prof, gli studenti da che mondo è mondo, hanno paura dell’esame di maturità. Sbagliano?

«Come si fa a sbagliare un’emozione? Le emozioni di solito sono qualcosa di incontrollabile. Oggi la paura è diversa rispetto a ieri, perché oggi è il primo vero esame che i ragazzi devono affrontare, dato che l’esame di terza media sta diventando sempre di più una formalità».

  • Qual è l’atteggiamento giusto per affrontare l’esame di maturità? 

«È quello di sapere che è una cosa non definitiva. Occorre sfatare il mito dell’esame di maturità, che spesso gli studenti hanno. In questo purtroppo contribuiamo noi insegnanti, che carichiamo di ansia e di aspettative gli studenti. In un mondo dove la autoformazione dura in continuazione, tutta la vita, sfatiamo il mito dell’esame di maturità». 

  • Quanto è importante la relazione tra insegnante e alunno nell’apprendimento? 

«È fondamentale, perché le neuroscienze hanno dimostrato che le emozioni non sono scindibili dagli apprendimenti. Quello che io provo mentre imparo una cosa resterà per sempre appiccicato alla cosa che imparo».

  • Voti o giudizi a scuola? 

«Nessuno dei due, la cosa migliore sono i feedback dialogati continui, le restituzioni. Piano piano, fin dalla scuola dell’infanzia fare in modo che l’obiettivo a 19 anni sia che lo studente sappia autovalutarsi. Sappia riconoscersi i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza e che quindi non abbia più bisogno dell’adulto, che tu deve dire quanto vali. Lo sa capire da solo».

  • “Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa”. Il Prof Keating del film “L’attimo fuggente” è un modello di insegnante al quale ispirarsi? 

«È un punto di riferimento per la mia generazione, che ha visto quel film quando era adolescente, quindi sicuramente una grande ispirazione. Attenzione, perché il carisma va dosato, un docente che ha molto carisma può correre il rischio di plagiare, involontariamente, i suoi studenti». 

  • Desidera raccontarci brevemente “Una vita non basta”? 

«Il libro nasce dal rapporto con uno studente, che voleva lasciare la scuola e cercava da me motivazioni per non farlo. Era convinto che la scuola volesse cambiarlo, appiattirlo. Ispirandomi a questo ragazzo ho scritto la storia di Teo, il quale incontra un professore al quale rivolge le stesse domande, più altre. Domande che tutti ci facciamo, non solo a 16 anni».