Kafka a 100 anni dalla morte. Saverio Simonelli: “Nelle sue opere il desiderio dell’altrove”

Nell’anno in cui si ricordano i 100 anni dalla morte di Franz Kafka (Praga, 3 luglio 1883 – Kierling, 3 giugno 1924), autore tra i maggiori del Novecento, esponente del modernismo e anticipatore del surrealismo e del realismo magico, Saverio Simonelli, giornalista vicecaporedattore di Tv2000, scrive il testo “Nel mondo di Kafka. Enigmi, allusioni, speranza” (Àncora Editrice 2024, Collana “Maestri di frontiera”, pp. 144, 15,00 euro), che rappresenta un viaggio nelle opere e nella vita dell’autore nato in una famiglia ebraica.

Saverio Simonelli, da noi intervistato, conduce il lettore soprattutto nell’interiorità dello scrittore boemo di lingua tedesca, nato nei territori dell’Impero austro-ungarico, divenuti Repubblica cecoslovacca a partire dal 1918, nelle sue paure, ma anche nei suoi desideri e speranze.

  • Quali sono le origini familiari di Kafka? 

«Proviene da due genitori che incarnano i due diversi poli della cultura della Praga dell’epoca. Mentre la madre eredita una visione più creativa della vita, avendo parenti che hanno girato il mondo, e quindi sono molto più aperti alle suggestioni della vita al di là del confine ristretto della città, il padre, che esercita un ruolo forte nei confronti del figlio, appartiene a quella borghesia lavoratrice, che per guadagnare spazio all’interno della cultura della città, ha un’idea pragmatica dell’esistenza. Infatti, il padre di Franz si dedica anima e corpo al suo negozio, strumento per farsi accettare dal mondo ebraico che lo circonda; infatti, frequenta la sinagoga per intessere relazioni».

  • La formazione culturale di Franz? 

«È estremamente eterogenea, è un lettore avidissimo che legge di tutto, ama molto Goethe. Un suo mito formativo è la prosa di Flaubert, che tenterà in tutti i modi di assumere come modello. A questo riguardo importantissima l’amicizia con Max Brod, che durerà tutta la vita, che però incarna un’idea sionista della presenza ebraica; quindi, cerca di aprire l’amico alle conoscenze importanti. Kafka considera il suo lavoro come una sfida solitaria ai demoni che sente dentro, anche se non è un uomo chiuso in sé stesso. Kafka più legato alla sua quotidianità, è uno sportivo, desidera partecipare alle Olimpiadi e ha una barca con la quale naviga sul fiume. Cerca di vivere seguendo criteri vegetariani».

  • Kafka uomo e Kafka scrittore. Ce ne vuole parlare? 

«Nel libro parto da alcuni episodi della sua vita per far vedere l’uomo dietro lo scrittore attraverso la sua testimonianza letteraria”.

  • La sua produzione letteraria è inseparabile da Praga in cui trascorse la sua vita tormentata?

«Tormentata per motivi di salute, Kafka ha girato molti sanatori. Sì, la sua attività letteraria è legata a Praga».

  • Molte delle opere di Kafka vennero pubblicate postume, e parte di esse è incompiuta? 

«Quasi tutte, sì. Tra le sue ultime volontà, dettate all’amico Max Brod, c’è l’intenzione di distruggere tutto quello che non era stato pubblicato, ma Brod tradisce la volontà dell’amico e di questo gli siamo grati».

  • “La metamorfosi”, “Il processo”, “Il castello”. Qual è l’opera che più la colpisce? 

«“Il castello”, il finale è indimenticabile». 

  • Kafka sempre e solo nichilista o in lui c’è una continua tensione verso l’infinito, un’attesa che la speranza si concretizzi? 

«Certo, non ha nulla a che fare con il nichilismo. In tutte le sue opere traspare questo suo desiderio dell’altrove, nel quale forse non crede, ma ci spera. Per capire ciò è importante leggere i suoi diari, le lettere alla fidanzata Milena e quel capolavoro che è “Quaderni in ottavo” una serie di otto quaderni di appunti di Franz Kafka, scritti tra il 1917 e fino al 1919».