Il ritorno del drago Vaia in Trentino, una storia di rinascita

Realizzato con le radici della tempesta Vaia porta con sé la memoria di quello che è successo al suo predecessore

“Quanto banale e inutile è stato pensare che il tuo fuoco potesse uccidermi”.

L’annuncio corre veloce sui social. A dieci mesi esatti dalla notte del 22 agosto dello scorso anno, quando qualcuno ha deciso di dargli fuoco, il Drago Vaia è tornato. Là dove è sempre stato. Sull’altopiano di Lavarone. Rigenerato dalle sue ceneri, come l’araba fenice. Ed oggi è più grande e imponente che mai.

Ad annunciarlo è il suo creatore, lo scultore veneto di land art Marco Martalar. 

All’indomani della tempesta Vaia, che nel 2018 ha devastato i boschi di Veneto, Friuli e Trentino-Alto Adige, Martalar si era messo all’opera, raccogliendo tronchi e radici divelti dalla furia del vento, per ridare loro nuova vita. 

Duemila pezzi di radici e scarti d’albero e tremila viti assemblati in più di un mese di lavoro, tra ottobre e novembre 2021. Questi i numeri del drago alato più maestoso d’Europa che per mesi ha attirato migliaia di turisti sull’Alpe Cimbra. Una spettacolare creatura alata, quasi uscita da un racconto fantasy e giunta in volo nella frazione di Magré per proteggere la montagna spogliata dalla tempesta, potente ma fragile al tempo stesso. Il legno utilizzato da Martalar, infatti, non era stato trattato e quindi era soggetto alle intemperie e al passare delle stagioni. Fino a diventare un giorno terra, dalla quale nasceranno nuovi alberi. Questo il progetto dell’artista vicentino. La mano dell’uomo, però, è intervenuta per portare ancora una volta distruzione.

La sera del 22 agosto scorso attorno alle 22 è scattato l’allarme. Qualcuno aveva appiccato il fuoco alla scultura di Martalar, che è bruciata rapidamente avvolta in un enorme falò con fiamme così alte da essere visibili da molto lontano. Tante le persone che quella notte, vedendo il bagliore sull’altopiano, hanno chiamato i vigili del fuoco. I volontari di Lavarone, giunti in poco tempo sul posto, non hanno potuto far altro che spegnere l’incendio e mettere in sicurezza la zona. Del Drago, alto 6 metri e lungo 7, non era rimasto che un cumulo di cenere e tizzoni fumanti. 

Camminando tra i resti della sua opera, Martalar aveva fin da subito condiviso la sua tristezza con il popolo dei social così come con quanti erano rimasti affascinati dal Drago Vaia. E aveva fatto una promessa: non si sarebbe dato per vinto. 

Una promessa scolpita su Ig, in un post del 28 agosto: “E tu, che mi hai dato fuoco, ora sarai nostra preda e, dalle fiamme che tu hai causato, io rinascerò a nuova vita, nel perpetuo e incessante moto circolare della sparizione e della rinascita”. Ad accompagnare quella promessa la foto di un uovo di legno bruciato, custodito in un nido di pietre bianche.