Sant’Alessandro, dalla storia del patrono un esempio per guardare al futuro

Riguardo al nostro patrono, monsignor Giulio Oggioni (vescovo bergamasco negli  anni ‘80) sottolineava che “a differenza di molte altre diocesi che al loro inizio hanno dei vescovi ben conosciuti, Bergamo ha al suo inizio un laico, S. Alessandro, il cui martirio … è stato davvero seme di cristiani”.

In effetti Alessandro era un semplice fedele cristiano che faceva il suo lavoro come comandante di centuria nell’esercito di Roma, e proprio per questo si trovò nelle circostanze di dover scegliere tra la vita o la condanna a morte per non aver rinnegato il credo cristiano (303 d. C.).

La sua storia è nota: egli apparteneva alla legione Tebea (sotto il comando del generale romano Maurizio, anch’egli poi venerato dalla Chiesa come san Maurizio) ed era comandante di centuria.

Essendo la sua centuria stata spostata intorno all’anno 301 dalla Mesopotamia alle regioni occidentali, prima a Colonia poi a Brindisi sino a giungere in Africa, durante il lungo viaggio dei legionari, diverse persecuzioni contro i cristiani furono ordinate dall’imperatore Massimiano. 

I soldati però si rifiutarono di eseguire gli ordini pagando per ciò con la decimazione, avvenuta ad Agaunum, nell’odierno cantone Vallese, in Svizzera. Tra gli scampati al massacro, Alessandro riparò con alcuni suoi compagni in Italia, ma fu imprigionato a Milano (nel luogo dove sorge la basilica di Sant’Alessandro in Zebedia, in piazza di Sant’Alessandro) e qui si rifiutò di abiurare alla fede cristiana come ordinatogli dall’imperatore Massimiano.

Fuggito dalla prigione, grazie all’aiuto di Fedele di Como e del vescovo Materno, fu di nuovo catturato e condannato alla decapitazione. Sottraendosi all’esecuzione della sentenza, Alessandro passò l’Adda all’asciutto e si nascose in un bosco vicino a Bergamo, presso il ponte della Morla, da un patrizio locale, Crotacio.

Nonostante il pericolo, si dedicò alla sua predicazione alla gente di Bergamo, iniziando un’opera di conversione alla fede cristiana degli abitanti della città, tra cui i futuri martiri Fermo e Rustico, parenti di Crotacio. Presto scoperto da alcuni soldati romani, fu condotto in catene a Bergamo, dove fu condannato alla decapitazione, che fu eseguita il 26 agosto 303, nel luogo dove ancora sorge la Colonna del Crotacio, sul sagrato della Basilica di Sant’Alessandro in Colonna.

Ecco quindi un elemento particolare del nostro santo patrono: egli era un fedele cristiano, uno del popolo dei fedeli, e nello svolgersi della sua storia si trova a dare una testimonianza di fede a costo della vita.

Certo Alessandro, insieme ad  altri tra i militari della legione Tebea che erano cristiani, si era reso conto della difficile situazione del momento; essi avevano immaginato senz’altro che l’imperatore, scatenando la propria persecuzione contro i cristiani, avrebbe usato il braccio militare dei suoi legionari. Eppure non sono fuggiti, hanno scelto di salvare la vita dei cristiani perseguitati, disobbedendo all’ordine di trucidarli. 

Quest’anno per la festa patronale si ricorda la virtù della giustizia: con la sua scelta Alessandro ha fatto ciò che è giusto davanti a Dio invece di ciò che è giusto davanti agli uomini. 

Un altro elemento particolare lega sant’Alessandro alla gente bergamasca: egli  nonostante fosse ricercato si dedicò alla predicazione qui, nella nostra terra, dove da ultimo era arrivato nella sua fuga. E a causa di questa predicazione venne scoperto e decapitato. 

È forse proprio per questo che la popolazione, fino ad oggi, gli tributa tanta devozione e venerazione. Egli era stato vicino alle persone del luogo, in quel tempo in cui venerare gli dei romani costituiva la religione ufficiale e obbligata, ma ciò non toglie che i “bergamaschi del 300 d. C.” erano delle persone, donne e uomini alla ricerca del senso della loro vita.

Alessandro si fece loro vicino, con la sua predicazione e la sua testimonianza. In un certo senso la gente bergamasca ricambia questa vicinanza e questa carità con l’affetto e la venerazione che manifesta ogni anno verso di lui.

Queste caratteristiche del nostro santo patrono lo rendono particolarmente vicino al popolo dei fedeli: è esempio e invito a sentirci tutti chiamati e a farci parte attiva nell’evangelizzazione oggi, verso tutti.

Margherita Giua

(Coordinatrice Terra Cultura e Comunicazione Cet 1 città)