Paralimpiadi: Mirko Testa, campione del mondo di handbike. “Voglio godermi al massimo l’emozione di esserci”

Alle Paralimpiadi di Parigi, Mirko Testa, da Grassobbio, si presenta con l’effigie di campione del mondo di handbike. L’atleta bergamasco dunque non può nascondersi troppo: molti occhi saranno puntati su di lui, avrà addosso quelli degli avversari che lo temeranno, avrà addosso quelli di pubblico e media che si aspettano una riconferma. Eppure, lui, risponde con sorriso serafico a queste pressioni.

«Per me già andare a Parigi è una cosa grandissima – risponde – è un’occasione unica che potrebbe anche capitare una sola volta nella vita. Ecco perché cercherò di godermi ogni cosa che accadrà lì e di sfruttare tutto quello che Parigi mi concederà. Voglio godermi al massimo l’emozione di esserci, tutto quello che accadrà in più, sarà appunto in più».

Dopo la prova a cronometro di ieri, oggi sarà impegnato nella prova in linea mentre il 7 settembre c’è la gara a squadre, ma per quella si attende di capire quale formazione schiererà il ct.

«Sto bene – spiega Mirko – sono pronto, carico, emozionato, non vedo l’ora. Punto molto sulla prova in linea, specialità in cui sono campione in carica. Mi sono preparato come meglio non potevo, ho fatto lunghi periodi in altura in Abruzzo con la nazionale. La mia condizione fisica è buona, io mi sento bene e spero di essere all’altezza il giorno della gara».

Dal Mirko Testa atleta al Mirko Testa persona. Anche con lui ci addentriamo in temi più intimi, sbirciamo nel dietro le quinte della carriera di un’atleta per comprenderne fatiche, spessori, pieghe.
«Fare sport ad alti livelli è impegnativo – ammette il campione del mondo – è un grande sacrificio per me, ma anche per chi mi sta accanto perché deve rinunciare a tanto. Lo sport però ti da libertà, ti da un benessere unico al mondo e poi la gratificazione del risultato è estrema, ripaga di ogni sforzo e ti fa stare tranquillo con te stesso».

Rigore, disciplina, costanza, forza di volontà sono alcune delle doti comuni agli atleti, soprattutto se vincenti. Mirko Testa quali doti si riconosce di più?
«Posso dire di essere molto determinato, perseverante e aggiungo convinto, perché quando mi impunto su una cosa faccio di tutto per arrivarci».
Lo sport come fisico che si forgia, ma lo sport anche come medicina emotiva.
«Lo sport fa benissimo – osserva Testa – nei momenti difficili è un appiglio saldo che ti permette di avere una spinta in più per raggiungere una luce. Passato poi il momento difficile, c’è da godersi l’emozione che conferisce e questo coinvolge noi atleti diversamente abili, ma anche i normodotati: non c’è differenza».

Spesso lo sport è metafora della vita. Lo sguardo dunque si rivolge ai giovani di oggi, che dentro o fuori da una competizione rischiano di commettere un grave errore.
«Il consiglio che mi sento di dare è quello di avere pazienza. Vedo troppi giovani che non vedendo i risultati arrivare subito, mettono da parte il sogno e lasciano perdere. Forse invece è proprio quel continuare a provarci che porta al risultato, tante volte serve spingere un attimo in più, quel pizzico che fa la differenza e può portare al successo».

Pazienza, perché essere atleta professionista è un percorso duro. Tamberi addirittura è arrivato a dire che l’agonismo non è sport sano, perché logora.
«Essere atleta – aggiunge Mirko Testa – è un percorso impegnativo, occupa buona parte della mia giornata con diverse sessioni di allenamento ogni giorno. L’allenamento però è bello, conferisce belle sensazioni, ormai mi viene naturale e non faccio troppa fatica: è parte di me».

Proponiamo anche a lui la riflessione di partenza, sul concetto di vittoria e di sconfitta, di vittoria ad ogni costo e di soddisfazioni personali.
«Secondo me – analizza il campione del mondo – essere atleta è tutto quello che sta dietro ad una gara. Magari dedichi 4 anni a preparare una gara che poi si risolve in un’ora. Fortuna e sfortuna poi ci si mettono di mezzo, decidono se e quando cambiare le sorti di un risultato, basta un secondo di differenza tra una medaglia e un piazzamento. Io credo però che se si è fatto tutto per arrivare alla gara, cioè tutto quello che noi possiamo controllare senza intestardirci con l’imponderabile, allora lì il risultato passa in secondo piano. Già partecipare è una cosa enorme, se poi viene anche una medaglia sarò la persona più felice del mondo, ma anche se non arrivasse io sarò convinto di aver dato tutto me stesso e allora mi sentirò vincitore»