David Quammen: “L’uomo non è al di sopra della natura, ha il compito di difenderla”

Divulgatore, scrittore, reporter, David Quammen riesce a rendere il racconto della vita della natura appassionante come un romanzo. Ne “Il cuore selvaggio della natura” (Adelphi) tratta questioni centrali e delicate come le minacce alla biodiversità, lo sfruttamento dell’ambiente, la necessità di educare bambini e ragazzi a uno stile di vita sostenibile. Quammen ne ha parlato rispondendo alle domande dei giornalisti al Festivaletteratura di Mantova.

Com’è nato questo saggio su “Il cuore selvaggio della natura”?

“Questo libro raccoglie l’esperienza di vent’anni come reporter di National Geographic. Ho visitato molte terre selvagge e questo lavoro mi ha permesso di notare l’interconnessione tra i diversi ambienti e le creature che li abitano.

Nel 1999 National Geographic mi ha chiesto di accompagnare uno scienziato americano attraverso giungle, fiumi, paludi africane. Non sapevo che questo momento avrebbe rappresentato una svolta così importante nella mia attività. È stato infatti l’inizio di una serie di reportage, una delle opportunità più importanti della mia carriera di scrittore.

Come si è avvicinato ai temi legati alla scienza?

“Ho iniziato la mia carriera di scrittore come romanziere, ho pubblicato un romanzo, ne avevo altri in fase di realizzazione, ma a un certo punto ho lasciato perdere e mi sono avvicinato alla scienza, ricominciando a occuparmene a livello di scrittura. Ma volevo fare cose che avessero anche una componente narrativa”.

Quali sono le componenti che rendono un luogo “selvaggio”? 

“Perché il cuore della natura possa essere davvero pulsante ci sono diversi fattori: lo stato selvaggio non esiste quando si tratta di una realtà piccola, troppo frammentata, che subisce in modo eccessivo l’invadenza degli esseri umani. 

Affinché ci possa davvero essere uno stato selvaggio ci vogliono una distribuzione estesa, l’interconnessione tra i diversi elementi, la presenza di processi ecologici, la competizione tra le specie. E infine la biodiversità: se ci sono tante forme di vita diverse si può quindi parlare di uno stato selvaggio e di un cuore pulsante.

Qual è la minaccia più grande per questa natura selvaggia?

“Noi come esseri umani tendiamo a credere di rappresentare l’apogeo dell’evoluzione, ci riteniamo divinità che dominano la natura. Possediamo un cervello, un linguaggio, strumenti tecnologici, ma non siamo affatto separati dalla natura, siamo animali, ne facciamo parte, siamo il risultato di anni di evoluzione, non siamo quindi al di sopra di essa. È importante quindi a mio parere intervenire a livello formativo e impegnarsi nell’educazione dei giovani, esponendoli alla natura per migliorarne la comprensione. È importante già in giovane età far conoscere ai ragazzi le specie che abitano il mondo naturale.

Camminare lungo un fiume, vedere gli orsi, le volpi, gli uccelli, aiuta ad acquisire coscienza di far parte della natura e pone le basi per una società più attenta ad essa.

In “Spillover” ha preannunciato il pericolo di una pandemia, a seguito del passaggio del virus del covid-19 da un animale all’uomo. Ci sarà ancora un pericolo simile nel futuro?

I virus si nascondono e spesso crescono in altre specie animali, piante, funghi. Il rischio è un fenomeno di spillover, il trasporto tramite contatto dall’animale all’uomo. Questo avviene nella maggior parte dei casi quando noi turbiamo il sistema in cui vive un animale, cacciamo, macelliamo, perché in questa occasione può esserci una tracimazione, e così l’essere umano si espone al contatto con nuovi virus. In certe circostanze le possibilità aumentano: pensiamo per esempio ai pipistrelli, che ospitano molti virus, ma per evitare problemi basta lasciarli tranquilli. Anche i roditori e i primati ospitano numerosi virus, il ceppo pandemico dell’Hiv, per esempio, viene dallo scimpanzé. Si è trasmesso perché un uomo ha cacciato, ucciso e macellato uno scimpanzé, e il suo sangue è entrato in contatto con una sua ferita infetta. Quando interferiamo con gli animali ci esponiamo a questo rischio. Ho parlato in Spillover di diversi casi del passato di contatto tra animali e uomo, attraverso una contaminazione con l’ospite serbatoio, in una specie in cui il virus resta tranquillo e non provoca malattia. Per esempio SARS nella Cina meridionale proviene dal pipistrello. Poi per esempio l’influenza aviaria che passa dagli uccelli ai mammiferi. È un periodo in cui è facile che avvenga il salto di specie. Il virus che crea più preoccupazione in questo momento è quello dell’influenza aviaria, H5n1.”

Quali sono stati i suoi maestri di scrittura?

“Come scrittore ho subito l’influenza più importante negli anni dell’università. Sono partito studiando letteratura e la mia più grande ispirazione è stato Faulkner. Ho letto, riletto e analizzato a fondo la sua opera, nei suoi libri si parla di relazioni interraziali e del decadimento della famiglia. Poi ho iniziato a occuparmi di scienze naturali, senza avere una preparazione scientifica, ho iniziato a documentarmi per capire i diversi aspetti come l’evoluzione, l’estinzione di diverse specie, la proliferazione e la diffusione dei virus, e in questo lavoro Faulkner è rimasto il mio punto di riferimento.

A che cosa sta lavorando in questo momento?

“Nel prossimo libro parlo del cancro come fenomeno evolutivo, mi occupo di questo tema da 17 anni, ho realizzato nel frattempo diversi reportage. Nell’uomo il cancro si evolve e questa evoluzione rischia di minare l’efficacia della chemioterapia di fronte all’aggressione delle cellule tumorali, che possono creare metastasi devastanti. Le cellule tumorali competono con le altre per disporre di ossigeno, nutrienti, spazio, in una battaglia continua. L’evoluzione permette una selezione naturale anche nelle cellule tumorali, sostenendo la proliferazione di quelle più dannose e aggressive. Ci sono animali in cui si manifesta addirittura una forma contagiosa del cancro, come in un marsupiale, il diavolo della Tasmania, che colpisce il muso dell’animale”.