Il vescovo Francesco alla Consulta delle aggregazioni laicali: “Associazioni in cammino nel segno della speranza”

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Pellegrino di consulta laica

Il vescovo Francesco alla Consulta delle aggregazioni laicali: “Associazioni in cammino nel segno della speranza”

Un cammino nel segno della speranza per le associazioni. Il 10 ottobre si è svolta l’assemblea della CDAL – Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, non solo per eleggere tre consiglieri nel CPD (Consiglio pastorale diocesano), ma anche per stringersi intorno al Vescovo e insieme a lui ripartire con il nuovo anno.

Le diverse associazioni e movimenti della CDAL vivono  una significativa esperienza ecclesiale, dove la fede viva è volta alla preghiera, alla carità, alla cultura, all’impegno sociale e educativo etc.

Dopo un video degli addetti ai lavori diocesani e l’intervento di don Michelangelo Finazzi di breve aggiornamento sul Sinodo nell’attuale fase profetica, la presentazione del tema giubilare e della lettera pastorale si è arricchita, nelle parole del Vescovo, di riferimenti alla vita associativa, al nostro momento storico, al cammino comune.

Pellegrini di speranza. “Il pellegrino cammina perché porta nel cuore la speranza, ma nello stesso tempo la speranza è anche il frutto del suo cammino”, ha spiegato monsignor Beschi.

È questa la nostra condizione di persone in cammino, “Tutti speriamo di arrivare a casa, ma in questo momento non siamo a casa, siamo in cammino”. Con questa immagine il Vescovo si è riferito anche alle associazioni e ai movimenti della CDAL, che senza ripiegamenti nostalgici sul passato e senza pretendere di trovare soluzioni  – “ non spaventatevi, ma non ci sono soluzioni! Perché in questo momento non esiste una formula, un modello, un ‘sono tornato a casa’ – si mettono appunto in cammino, “certo cerchiamo delle soluzioni però da pellegrini, da gente che per capire la vita si volge anche indietro, ma per viverla sa che bisogna guardare avanti”.

Profeti, generatori, cercatori di speranza. Il Vescovo ha invitato tutti a riprendere il Sinodo, che è un cammino per definizione, e quindi non si chiuderà. Si tratta di avere il coraggio di individuare alcuni percorsi anche piccoli, semplici, e di perseguirli, sia a livello diocesano, che italiano e poi universale.

Il Vescovo ha invitato ad essere generatori di speranza nella vita degli uomini, a partire dalla fede e in direzione della vita. Cercatore di speranza, poi, ha sottolineato il Vescovo, significa che anche noi abbiamo bisogno di cercare la speranza, di ricevere il dono della speranza: certo la speranza è un sentimento, è una virtù, ma una virtù teologale. Siamo dunque consapevoli, ha detto Beschi, del fatto che la virtù umana è quell’impegno, l’abitudine positiva che ciascuno persegue ogni giorno a partire da un convincimento, ma che essendo virtù teologale questo impegno è frutto dell’accoglienza di un dono, che la speranza ha la sua sorgente in Dio.

“Noi portiamo la speranza degli uomini, che è esposta tante volte alla smentita e alla delusione, a una speranza che continuamente si rigenera perché viene da Dio”. E che cosa speriamo? Il Vescovo ha risposto con le parole di Agostino: “Sia Dio, il Signore Dio tuo la tua speranza; non sperare qualcosa dal Signore Dio tuo, ma lo stesso tuo Signore sia la tua speranza”.

Non sono mancate poi alcune indicazioni (in un certo senso punti programmatici per la Cdal e i suoi membri), che monsignor Beschi ha  condiviso con i presenti in un clima di vicinanza e di cordialità.

I cinque punti toccati sono stati: 1) serviamo la speranza se condividiamo la crisi 2) adottare una postura del camminare insieme 3) promuovere la comunitarietà 4) sostenere le dinamiche di riconciliazione e partecipative 5) non avere paura di prospettare la speranza più grande, nella risurrezione di Cristo.

Nella prima indicazione il Vescovo ha giustamente collocato la situazione che la Chiesa, e anche le associazioni, vivono, in un mondo che è caratterizzato oggi dalla crisi: “Crisi finanziarie, che sono diventate crisi sociali imponendo il tema della disuguaglianza; crisi delle relazioni internazionali; crisi di un modello di democrazie, crisi climatica: è una policrisi, molteplici crisi.

È un passaggio, sempre sofferto, di crisi, che tocca anche la Chiesa: oggi viviamo una fede fragile in un mondo fragile; siamo insieme a tutti, condividiamo quindi la crisi, non siamo degli esonerati”. Nella quarta, il Vescovo ha tra l’altro chiesto un’attenzione sulla partecipazione, richiamando la Settimana sociale di Trieste che interpella la Chiesa tutta e in particolare una realtà  – quella che i gruppi della CDAL rappresentano – dei laici nel mondo.

Nella quinta e ultima, il Vescovo, riconoscendo l’importanza di vivere nella storia, ha affermato che si apre comunque uno sguardo oltre, ponendosi l’uomo le domande del “perché? e da dove?, in quale orizzonte è la speranza più grande?”. Citando Papa Benedetto, “La grande speranza è l’unica capace di resistere ai naufragi delle piccole speranze… In Cristo siano stati redenti e salvati, e questa certezza che nasce dalla fede nella Parola di Dio genererà nel cuore del credente una grande speranza, capace di dare senso a tutta la sua vita e di sostenerla…”.

Al termine, gli interventi nel dibattito, le operazioni di voto, gli scambi di saluti in un affiatamento ch’è stato il frutto della serata trascorsa insieme. La Presidente della Cdal, Serena Rondi, ha espresso a nome di tutti il sentito ringraziamento a monsignor Beschi, assicurando che i membri della Consulta si impegneranno a riprendere quanto emerso.

Desidero concludere, sulla crisi della Chiesa, con le parole di Rosmini, che ben s’accordano con quelle del nostro Vescovo: «In tale frangente la Chiesa è turbata; appena la sua fede la sostiene; e nel suo estremo turbamento volge delle lamentevoli suppliche al divin Autor suo, che dorme nella navicella pericolante, ed allora batte il momento in che egli si desta, e minaccia il vento ed il mare.

Allora comincia il periodo nuovo in cui si toglie a ristorare i guasti sofferti dal gran vascello nella lunga e difficile sua navigazione: epoca di stazione, poiché questi risarcimenti non portano la Chiesa innanzi, non le danno qualche nuovo e grande sviluppamento, ma solo lo rassettano per così dire in quelle sue parti che hanno troppo sofferto dal faticoso viaggio. Intanto però un gran tratto di cammino è già percorso; e dopo racconciata la nave che non può perire, ella affrontar deve ancora altri mari, altri venti, altre procelle» (Delle cinque piaghe della santa Chiesa). 

Margherita Giua