Veramente uomo anche nella morte: Massimo Recalcati legge il Getsemani da “laico”

Veramente uomo anche nella morte- Massimo Recalcati legge il Getsemani da laico

Veramente uomo anche nella morte: Massimo Recalcati legge il Getsemani da “laico”

“In che senso si definisce ‘un laico’?” chiede una delle persone convenute presso la Basilica di Santa Maria Maggiore mercoledì 9 ottobre 2024 uscendo dalla chiesa. Ha appena assistito all’incontro sul tema “La morte è la fine di tutto?” nella quale lo psicanalista Massimo Recalcati si è cimentato in una lettura del Getsemani.

L’evento organizzato dalla ACLI di Bergamo nell’ambito della rassegna culturale Molte Fedi sotto lo stesso cielo ha fatto ancora una volta il tutto esaurito, complice anche il nome del relatore apprezzato per la sua profondità e capacità oratoria.

Non è la prima volta che Recalcati si misura con le pagine della Bibbia, anzi negli ultimi anni sono stati molti gli interventi che ha portato in auditorium e teatri oltre che le pubblicazioni a questo proposito.

Con l’editore Einaudi di questo autore sono usciti titoli come La legge del desiderio nel 2024 che segue La legge della Parola del 2023, Il grido di Giobbe del 2022, Il gesto di Caino e La notte del Getsemani del 2020La tesi che sottende a tutti questi testi la dichiara lo stesso autore: “Nella Bibbia ci sono le radici della psicoanalisi”. 

Nell’incontro bergamasco, Recalcati ha ribadito la prospettiva dalla quale guarda la scena biblica: quella del laico. L’affermazione torna più volte durante l’esposizione e da qui è nata la domanda della spettatrice espressa sulla soglia d’uscita. Che cosa significa ‘laico’? Perché lo stile e le conclusioni che raggiunge sembrano molto vicine a quanto potrebbe dire il ‘credente’. 

L’espressione ‘laico’ evidentemente riflette lo stato di non credente, di persona non-religiosa, non appartenente ad una pratica cultuale. Tuttavia, il modo di entrare nel testo sacro sembra lasciar trasparire altro: una profonda conoscenza della Scrittura, una grande curiosità accompagnata da rispetto e stima per l’opera biblica, una capacità di entrare nella narrazione con immedesimazione. Tanta sapienza fa sembrare il termine ‘laico’ decisamente fuori posto perché si presta ad essere inteso come avverso al religioso, contrario alla tradizione spirituale. La laicità della lettura biblica di Recalcati sembra invece necessaria per andare al cuore del messaggio evangelico con la freschezza di un’esposizione che non si lascia condizionare da moralismi e devozionalismi.

Nel commentare la notte di Gesù immersa nel buio della disperazione per la vicinanza alla morte, Recalcati mette l’accento sul fatto che in quella situazione narrata dai vangeli si entra in contatto con la più autentica esperienza dell’uomo. Certezza del morire e desiderio di vita, paura e speranza, timore della solitudine e spinta verso la salvezza si confrontano nella notte tormentata del Maestro.

“Socrate sceglie la morte per la verità. Di fronte alla morte Gesù trema: non la guarda dall’alto, non la aggira. La attraversa e ne porta i segni”

Gesù è coinvolto dalla situazione, non la vive con supponenza, non evita la tragedia: è veramente uomo. Nella logica più radicale dell’incarnazione esprime tutto il dramma che lo accomuna ad ogni altra esistenza umana sapendo che “La paura della vita e della morte sono la stessa paura” e scegliendo quindi di schierarsi dalla parte della vita con desiderio e fiducia. Gesù chiede di essere risparmiato, ha desiderio di vivere. Ma sa anche scegliere la propria sorte, sa consegnarsi e “assumere la nostra condizione di mancanza non come afflizione, ma come incontro con quello che siamo”.

La fine della vita di Gesù arriva per una scelta sempre confermata per la vita e di concretezza. Ricorda Recalcati che la logica del vangelo è che “si parte sempre da quel c’è, non dall’utopia di ciò che dovrebbe essere”.

Gesù sa trarre vita dal poco che c’è a disposizione e sa aprire novità. Questa presa di posizione per la vita concepita nella sua concretezza, materialità, contingenza è una costante in tutta la narrazione evangelica ed è anche il motivo dell’invidia e del rifiuto da parte delle autorità religiose verso di lui.

La suo  autorevolezza nasce dal fatto che la verità che professa corrisponde alla verità che vive. In Gesù c’è un amore per vita sempre declinato al presente: chiede vita fino alla fine. Questo lo rende credibile e scomodo e soprattutto promettente.

“La colpa dell’uomo religioso è la separazione tra dire e fare. Gesù invece si interessa di rendere la vita viva, fruttuosa”

“La paura della vita crea una vita morta” ricorda Massimo Recalcati. Lo dice pensando al messaggio che Gesù Risorto è nei confronti dei discepoli. La sua presenza può diventare messaggio di speranza se si supera la paura. Lo è ancora di più la sua assenza: “Bisogna amare per l’assenza, non per la vecchia presenza”, entrare così a fondo nel desiderio di vivere significa accogliere la possibilità del nuovo. È la libertà di lasciarsi dietro le spalle qualcosa di vecchio e condizionante.

Recalcati vede in questo ultimo passaggio della narrazione su Gesù la verità del lutto: “L’esperienza del lutto è perdita del senso del mondo che la presenza dell’altro assicurava. La mia vita si svuota e perde di senso, è vita senza vita”. Ma, conclude, l’insegnamento del Getsemani mostra che essere senza Dio – in questa lotta nella quale la vita dell’uomo sembra oppressa dal silenzio del cielo – significa essere più vicini a Dio e che l’esperienza dell’assenza di Dio lo rende paradossalmente più intimo all’uomo.