Viaggio nella missione di Kinshasa, in Congo. Eva Crosetta: “La dignità delle persone vale più del pane”

“Ci sono storie nella vita che vale la pena raccontare, e per me questa è sicuramente una di quelle”.

Un incontro, un viaggio, un Paese possono cambiare il nostro modo di vedere e di pensare. Sicuramente trasformarci in persone migliori ed è quello che è accaduto a Eva Crosetta, conduttrice e volto noto della televisione italiana,quando è stata in Africa.

L’autrice racconta la sua esperienza nel libro “Che colpa ne ho se sono nato in Congo all’ombra di un mango?” (BUR Rizzoli 2024, Prefazione di don Matteo Galloni, pp. 216, 14,00 euro), con sottotitolo “Un viaggio tra le persone che ho incontrato in Africa”, diario di viaggio pieno di delicata ironia, riconoscenza e grazia, dove la giornalista accompagna il lettore a scoprire il suo percorso di conversione e fede e a vivere con lei le vicende nella missione di Kinshasa a Masina III, in Congo. Fondamentale per Eva Crosetta è stato l’incontro con don Matteo Galloni fondatore insieme a Francesca Termanini della Comunità Amore e Libertà, che dal 1988 accoglie bambini e ragazzi soli in Italia e nell’estrema periferia di Kinshasa.

Abbiamo intervistato Eva Crosetta, volto del programma di approfondimento religioso “Sulla via di Damasco”.

  • Fin da adolescente ha cercato di fare qualcosa che potesse essere concretamente d’aiuto per gli altri? 

«Sì, ho un animo sensibile e mi lascio colpire dalle cose che mi accadono intorno. Ho sempre avuto la propensione di aiutare gli altri, di fare parte della squadra del bene. Sono di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, da giovanissima, ho fatto un’esperienza di volontariato al centro Aias di Castelfranco, dove venivano accolti con servizio diurno ragazzi con disabilità fisiche e mentali. Poi a Padova ho conosciuto il Prof Luigi Zanesco, che ha creato la Fondazione “Città della speranza” e ha contribuito in modo sostanziale alla nascita e alla crescita dell’Oncoematologia Pediatrica Italiana. Mi occupai di raccogliere fondi».

  • La Sua vita è cambiata quando la Sua strada si è incrociata con quella di don Matteo Galloni?

«Certo. Facevo del bene, pregavo ma solo nel momento del bisogno, frequentavo poco la Messa, avevo quasi perso la fede. Avevo visto troppi bambini soffrire e mi domandavo come Dio potesse permettere tutta questa sofferenza. Ho conosciuto don Matteo dietro le quinte della trasmissione “A prescindere”, che conducevo insieme a Michele Mirabella. Don Matteo aveva l’abitudine di inviare la benedizione tramite sms insieme all’avviso che avrebbe officiato la Messa in una data ora. Ricordo che un pomeriggio ricevetti un suo sms mentre mi trovavo di fronte la Chiesa di San Rocco all’Augusteo, nel centro di Roma. Pensai che questo fosse un segno di Dio e quindi entrai in chiesa. Don Matteo mi confessò e partecipai alla Messa. Conobbi Francesca Termanini e i genitori di don Matteo, il politico e giurista on. Giovanni Galloni e Magda Franca Rabaglietti, giurista di fama internazionale, donna simpaticissima ed empatica. Trascorremmo una piacevole serata al ristorante. Di lei parlo nel libro. Andai anche a conoscere la realtà di don Matteo in Toscana, a Firenze nella zona dell’Impruneta, dove c’è la casa madre della Comunità Amore e Libertà».

  • Il Suo viaggio è stata un’esperienza tanto sconvolgente quanto rigenerante grazie anche alla ricchezza che promanava dalle persone incontrate? 

«Nel maggio del 2014 mi recai per tre settimane in Congo nella missione di Kinshasa a Masina III, in periferia, dove regna l’estrema povertà. Insegnavo l’italiano con il mio stentato francese e davo anche lezioni di teatro». 

  • Quando è tornata a casa, come si è sentita? 

«Ero un fiume in piena, mi sentivo piena di energia e ricca di Spirito. Mi sembrava strano che l’acqua scorresse liberamente dal rubinetto, lo stesso discorso valeva per la corrente elettrica. In Africa mi sono accorta che la dignità delle persone vale più del pane».

  • Il “Mal d’Africa” esiste veramente? 

«Per me è come ti senti quando sei lì, senza sovrastrutture, pronto ad accogliere l’altro. È il capitale umano che incontri e le emozioni che provi, a dare il “mal d’Africa”». 

  • Conduce la trasmissione “Sulla via di Damasco”, ce ne vuole parlare? 

«Cerchiamo di catturare il sentore dei tempi che corrono, è dilagante nell’essere umano una grande fragilità, si ricerca il senso della vita che solo la fede può dare. Invece, ci si allontana da Dio. Nel mio programma voglio arrivare a chi non è credente. Sui social mi capita di leggere questo tipo di messaggio: “Non sono credente, ma il suo programma mi fa star bene”.

Quello che ho capito intervistando persone di qualsiasi livello sociale e culturale, è che tutti sentono il bisogno di essere amati e di amare».