Trasformare la fragilità in speranza: “Una bella storia” ripercorre la vita di Luciano Ferrari

Un giovane che ha vissuto una vita semplice ma nutrita dalla fede e che grazie a questa ha saputo affrontare anche i momenti difficili della malattia e del dolore: Luciano Ferrari, scomparso nel novembre 2022, all’età di 28 anni, ha lasciato un segno profondo in tante persone che l’hanno incontrato.

La sua morte, dovuta alla gravità di un secondo tumore, dopo il superamento del primo contro cui aveva lottato da bambino, aveva generato grande cordoglio nella comunità di Castione della Presolana, dove Luciano era molto impegnato, in primis come sagrista della parrocchia di Dorga.

Domenica 4 agosto – all’interno di un’intera giornata di festa dedicata al suo ricordo – verrà presentato il libro, fresco di stampa, “Una bella storia”, che raccoglie una serie di testimonianze di persone che hanno conosciuto Luciano da vicino.

Una lunga intervista ai genitori Beatrice e Gianfranco, un dialogo a più voci con gli amici, ma anche i racconti di tanti medici, sacerdoti, parenti e altri conoscenti contribuiscono a delineare diversi aspetti della sua vita.

Tanti gli aneddoti che emergono dal libro, come la passione per l’Inter (che lo portava spesso allo stadio) e la dedizione per gli animali nella sua cascina, fino agli ultimi, faticosi, momenti di vita.

Come raccontato da diverse voci,  Luciano ha vissuto anche la morte con la serenità che solo la sua fede poteva dargli: celebre l’espressione “una bella giornata” (da cui viene il titolo del libro) che egli ha usato per definire uno dei suoi ultimi giorni di vita, segnato dalla sofferenza, ma anche dalla bellezza degli incontri con i tanti amici che aveva.

Il volume – che dopo la presentazione di domenica sarà distribuito in tutte le case delle famiglie di Castione, Bratto e Dorga, oltre a poter essere richiesto al momento, con una semplice offerta libera – si conclude con un contributo specialistico, curato da don Mattia Tomasoni, direttore della Biblioteca e dell’Archivio diocesano, che a partire da tutte le testimonianze raccolte ha tracciato un profilo spirituale di Luciano.

Emergono i tratti della fragilità (“accettata e integrata”, per diventare “forma concreta per prendersi cura degli altri”), ma anche della cura e della sensibilità (“un’anima attenta, capace di cogliere il bene che serve all’altro che gli sta di fronte”). Ancora l’importanza della compagnia (un amico, Patrick, ha raccontato che “Luciano puntava sempre al bene del gruppo: era anche in grado di farsi da parte per favorire il divertimento degli altri, che per lui doveva stare sempre al primo  posto”), il ruolo che ha avuto la sua cascina (“simbolo dello stile di Luciano, luogo dove ritrovarsi con gli amici, ma anche dove coltivare le proprie passioni”) e l’importanza che ha rivestito la cura della chiesa e delle celebrazioni. Diversi medici ricordano come la sua principale preoccupazione, quando era ricoverato in ospedale per controlli o terapie, fosse rientrare a Dorga per occuparsi della preparazione di funerali, processioni o altri momenti liturgici.

Don Tomasoni conclude scrivendo che “Luciano ha vinto non perché è guarito ma perché ha vissuto come voleva vivere dentro una situazione potenzialmente dirompente e lacerante”.

Luciano ha lasciato un segno forte in chi si è preso cura di lui, ma anche in chi l’ha solo incontrato, come raccontato da Giulio De Amicis, che ha condiviso con lui alcuni ricoveri in Oncologia pediatrica: “Quando guardavo Luciano riuscivo a trovare la serenità, perché la sua forza, la sua voglia di ridere nonostante il dolore, le difficoltà e la malattia erano contagiose esattamente come poi lo sono rimaste negli anni”, scrive.

La mamma e il papà di Luciano, insieme a diversi amici, hanno voluto raccogliere nel libro “Una bella storia” una testimonianza che possa raggiungere tutta la comunità, ma in modo particolare i giovani, perché sappiano guardare alla vita con la serenità data dalla fede. Proprio come ha sempre fatto Luciano.