La diversità è un viaggio. Un podcast per raccontare i ragazzi di seconda generazione

huda

Due vite diverse. Con questa definizione si possono racchiudere i racconti di Huda, Zak, Bilal, Sara e altri amici e parenti che prendono voce all’interno del podcast “Huda, Nessuna e Centomila”. Ragazze e ragazzi di “seconda generazione”: nati in Italia o arrivati da piccoli nel nostro Paese, cresciuti insieme agli “autoctoni” tra gli stessi banchi di scuola, ora giovani lavoratori o studenti universitari. 

Il tema della differenza è fondamentale nella loro condizione e percepito con una gravità a volte opprimente. Differenti dai propri genitori e dalla tradizione linguistica, culturale, educativa e religiosa delle loro origini. Differenti dagli “italiani” tanto da venire sempre interrogati sulla propria provenienza e spesso discriminati. 

Huda Lahoual, classe 2003 di origini brianzole – oggi studentessa di Scienza Politiche a Firenze – personalità con ampio seguito su Instagram e Tik Tok anche se non ama venire definita influencer, è l’autrice di questa serie audio in 6 episodi prodotta da Chora Media.

Lei stessa ci offre una sintesi del percorso che ha vissuto: «Questa cosa del sentirci perennemente sbagliati è un po’ una costante nella mia generazione. Per noi di seconda generazione però c’è un doppio senso di inadeguatezza: da una parte ci sono tutte le aspettative da parte dei nostri genitori e delle nostre famiglie che vorrebbero da noi il rispetto massimo di tutte le tradizioni del nostro Paese di origine ma anche che riusciamo a farci strada nel Paese dove viviamo oggi e da sempre. Dall’altra però non c’è solo quello. Ci sono anche tutte le aspettative della società italiana che pretende da noi che siamo dei cittadini modello, perfetti, esempio di virtù, di integrazione e di qualsiasi cosa ma senza aiutarci così tanto a integrarci neanche quando siamo nati qui, abbiamo fatto le scuole qui, abbiamo tutta la famiglia qui e tutti gli amici qui. Non basta».

Huda si riconosce nel personaggio del celebre romanzo di Luigi Pirandello “Uno, nessuno e centomila” che, inaspettatamente, le è capitato di commentare all’esame di maturità. Alla commissione d’esame Huda ha detto: “Mi sentivo come il protagonista che all’improvviso non sa più chi è, non sa più dove si trova, non sa più da che parte girarsi nella vita e si sente soffocato dalla società e dalla famiglia”.

La sua condizione è quella di quasi tutti i coetanei, la generazione Z. Ragazze e ragazzi immersi in un modo troppo veloce e confondente nel quale è difficile sviluppare una chiara identità e un senso di adeguatezza: “Non ci sentiamo mai all’altezza”, “Non faccio altro che correre dietro alle cose ma mi sento sempre in ritardo”. Ma la condizione di insicurezza esplode quando si subiscono attese e pregiudizi dovuti alla propria provenienza.

“Tanto gli altri quando mi guardano, l’unica cosa che pensano è che sono un’immigrata”. 

Huda si chiede: “Qual è casa mia?”. E si risponde che non può essere il Marocco: quella è la casa dei suoi nonni, un luogo di vacanze estive. Forse sarà il paesino della Brianza dove è crescita da bambina? Oppure il nuovo appartamento a Firenze condiviso con altri studenti? 

Il racconto appassionato e sincero del podcast è un viaggio alla ricerca dell’identità, di una casa nella quale potersi identificare. Durante il viaggio, amici e parenti di Huda prendono la parola per raccontare gli stereotipi di cui sono stati vittime, i tentativi per darsi un aspetto ritenuto accettabile come i capelli “afro” a volte da esibire, altre volte da lisciare oppure da rasare, le conquiste maturate nel tempo.

Lungo lo sviluppo delle puntate non mancano le citazioni di esperienze molto forti come un grave episodio di razzismo e violenza che ha come protagonisti le forze dell’ordine e un gruppo di ragazzi di seconda generazione radunato presso i tavolini di un bar nella zona dei Navigli a Milano di cui Huda è stata testimone diretta e che ha denunciato attraverso i social media creando molto clamore. Oppure la narrazione di un viaggio alla scoperta del Marocco, sconosciuta terra delle origini famigliari. Ci sono scorci sulla situazione famigliare e sul rapporto con i genitori e sulla diversità di approccio al tema dell’integrazione tra due generazioni diverse.

«I nostri genitori quando sono arrivati Italia, e avevano più o meno l’età che abbiamo noi adesso, hanno capito subito e perfettamente che loro italiani non lo volevano diventare. Non ci tenevano, non si sentivano parte di questa società. E soprattutto sentivano che questa si società non li voleva, li voleva tenere fuori. Quindi loro fuori sono rimasti, si sono chiusi in loro stessi cercando di vivere la stessa identica vita che avrebbero vissuto in Marocco».

Questi figli invece stanno provando a creare qualcosa di nuovo. Iniziano a identificare alcune modalità di vita che non sono disponibili a mantenere come tutte le forme ereditate dal patriarcato: il ruolo della “perfetta donna di casa” dedita alla cucina. Combattono perché decada l’associazione di idee tra immigrato e delinquente. Provano a indagare con più apertura mentale la cultura dei propri antenati senza rigettare lo stile di vita occidentale acquisito. È un cammino che Huda racconta con un carico di speranza e di fiducia nelle nuove generazioni perché già “si vedono dei cambiamenti”.

«Siamo arrivati a una conclusione: che non c’è nulla di male nel sentirsi “una, nessuna e centomila”. Anche perché in fondo forse lo siamo un po’ tutti, indipendentemente dalle origini, dal genere, da dove veniamo, dove stiamo andando».

Il dibattito politico italiano di tanto in tanto solleva l’esigenza di ripensare la legge sulla cittadinanza. Mentre si discute di Ius Sanguinis, Ius scholae, Ius Culturae e Ius Soli varrebbe la pena provare a entrare nel vissuto delle persone, comprendere le sfide – le preoccupazioni – le domande di chi vive sulla propria pelle un’appartenenza plurale. La loro confusione e la loro ricerca è una sintesi del cammino collettivo che già coinvolge la società e che andrebbe assunto e compreso a fondo anziché semplificato in definizioni stringate o in pregiudizi ideologici.

cinque consigli che Huda consegna ai fratellini potrebbero così diventare un buon suggerimento per tutti, marocchini, italiani o italo-marocchini: 

  1. Devi ascoltarti
  2. Imparate! Chi crede di sapere tutto non sa nulla.
  3. Parlate! 
  4. Aiutate e parlate per chi non sa parlare.
  5. Rispettate gli altri e voi stessi. Vogliatevi bene!