Panchine per Lampedusa: il progetto solidale degli oratori della Valcavallina con Ecummé

I volontari della Commissione Ecummé in viaggio a Lampedusa

La panchina è il simbolo di sosta e ristoro, che permette di fermarsi e riposare prima di seguire il proprio cammino, il proprio itinerario nel via vai della vita. E proprio delle panchine sono state scelte quest’anno dalla Commissione Ecummé della Valcavallina come attività da proporre agli oratori durante i Centri ricreativi estivi, da decorare e mandare a Lampedusa, al porto, per dare un po’ di ristoro a chi arriva sulle nostre coste dopo il cosiddetto “viaggio della speranza”.

“Da due anni nei Cre organizziamo delle attività legate all’incontro con l’Altro – spiega Marta Tiraboschi, volontaria di Ecummé -. L’anno scorso abbiamo fatto dei laboratori dove di volta in volta si veniva in contatto con una cultura diversa. Quest’anno invece abbiamo completamente cambiato tema”. 

L’idea di realizzare queste panchine è venuta dopo un viaggio di cinque giorni a Lampedusa, dove i volontari di Ecummé che vi hanno preso parte sono entrati in contatto con diverse realtà del territorio impegnate su più fronti: l’associazione Edusa, Fondazione Migrante, l’archivio storico di Lampedusa, il Forum solidale di Lampedusa e Legambiente.  

Ma soprattutto, dal contatto con le suore di Lampedusa: suor Danila dalla Croazia, suor Angela dalla Calabria, suor Ines dagli USA, suor Ruffina dall’India. Le sorelle appartengono a congregazioni diverse e sono a Lampedusa grazie ad un progetto dell’Unione Internazionale delle Superiori Generali.

Questo progetto è stato voluto da papa Francesco, che dal 2015 dà il mandato a tre suore di «essere ponte» sull’isola di Lampedusa per garantire un supporto carico di umanità nelle procedure di accoglienza sul molo Favarolo.

“Il molo è militarizzato, non si può accedere, ma una sera siamo riusciti a poter entrare e dare uno sguardo. E’ stata un’esperienza molto forte: abbiamo visto le scritte con le bombolette con i codici per catalogare le imbarcazioni arrivate, gli oggetti d’uso quotidiano dei migranti. E in tutto questo abbiamo notato che c’erano delle panchine poco dignitose, arrugginite e numericamente poche, che non coprono il bisogno delle persone che arrivano. Quando siamo tornati ci siamo detti che volevamo fare qualcosa di concreto, non volevamo che quest’esperienza terminasse qui”.

Quindici gli oratori della Valcavallina che sono stati coinvolti in questo progetto solidale, più gli oratori di tre paesi al di fuori della Valcavallina. Durante il laboratorio, una prima parte è stata dedicata alla conoscenza di Lampedusa e al lavoro di prima assistenza delle suore, per poi dedicarsi alla decorazione di un pezzo di una panchina, decorata con una simbologia legata a diversi Paesi del mondo.

“È piaciuto molto ai ragazzi ed è stato bello farli riflettere su questi temi – aggiunge Tiraboschi -. L’obiettivo era utilizzare queste panchine come strumento per far capire ai ragazzi che anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, che il nostro gesto di cittadinanza attiva è necessario. È vero che non saranno queste panchine a cambiare la vita delle persone che sbarcano, ma è un modo per esprimere cura e guardare in modo diverso le cose. Rimanere umani, anche quando è a rischio l’umanità. Siamo partiti anche da una riflessione proprio attorno agli oratori: questi ultimi sono accoglienti perché qualcuno prima di noi se n’è preso cura. E nello stesso modo, con le panchine, vogliamo rendere dignitoso un luogo di frontiera e di passaggio”.

Il progetto ha preso il nome di “Cal-care”, la panchina della cura. Sono panchine già pretrattate, in modo che il vento e la salsedine a lungo andare non le rovinino, che i ragazzi – dalla quinta elementare alle scuola medie – hanno decorato con pennarelli a base di olio, con greche e disegni richiamanti le stoffe colorate di diversi Paesi. Ogni panchina è il risultato del lavoro di più oratori.

“La manutenzione sarà molto importante: ci piacerebbe che della cura delle panchine se ne occupassero dei ragazzi del posto. E vorremmo che il progetto non finisca qui, ma che in qualche modo possa continuare, stiamo pensando come. Assieme alle panchine, otto in totale, che arriveranno a Lampedusa ad ottobre, abbiamo chiesto ai ragazzi di pensare al racconto di Lampedusa e scrivere o disegnare un pensiero per le suore. Sono uscite delle bellissime riflessioni e un rimando molto positivo di ciò che ha lasciato questo laboratorio”.