Parlare di vocazione in famiglia. Suor Chiara: aprire il dialogo con i figli senza pregiudizi

Buongiorno suor Chiara,
L’anno scorso mio figlio, che frequenta l’università, aveva manifestato il desiderio di proseguire gli studi in Seminario. Lo ha accennato a mio marito che però lo ha sgridato dicendogli che oggi non augurerebbe a nessuno la vita del prete, tantomeno a suo figlio. Mi è dispiaciuto molto, e mio figlio non ne ha più parlato. Vorrei che facesse ciò che si sente, penso che qualunque scelta comporti delle difficoltà. Secondo lei come potrei riprendere il discorso senza scatenare una guerra in casa?Elisa

Forse, cara Elisa, potrebbe esserti utile un dialogo franco con tuo marito per chiarire meglio la vostra reciproca posizione al riguardo. Parlatevi, condividete il vostro parere, i vostri dubbi, le vostre perplessità, le vostre paure, ma abbiate il coraggio di riprendere il discorso anche con vostro figlio.

Ricordatevi che gli argomenti lasciati in sospeso, soprattutto se “scottanti” come quello in questione, non sortiscono buon effetto, poiché suscitano sospetto, chiusura, senso di solitudine, ecc. elementi forse più dannosi di un conflitto aperto.

Il dialogo, invece, può farvi crescere personalmente e come coppia e risollevare l’animo del ragazzo, forse un poco deluso e amareggiato. 

Immagino che il tema vocazionale sia difficile da affrontare in famiglia! A volte, il giovane è consapevole che condividere in casa i propri desideri o addirittura le proprie decisioni, sarebbe come accendere una miccia; certe volte, in alcune situazioni i familiari ergono dei muri in segno di rifiuto deciso.

Da parte del chiamato sono, quindi, indispensabili molto coraggio, rispetto, delicatezza, unite alla sincerità, alla schiettezza. Egli, infatti, deve essere in grado di rendere ragione della decisione o dell’orientamento scelto, sostenendo anche l’incomprensione o il rifiuto, quando ci sono. 

Dal canto loro i genitori hanno così “bene in mente” il futuro dei propri figli che, accennare ad altre possibili vie, è motivo di delusione e forse anche di conflitto. 

Una vocazione, in famiglia, può spaventare, soprattutto se i coniugi non la conoscono realmente o hanno preconcetti o pregiudizi; anche a loro va concesso il tempo congruo per conoscere, rielaborare, magari lasciandosi aiutare o illuminare anche dall’esperienza di altri genitori che vivono la medesima situazione, e giungere a dare consenso e la benedizione al proprio figlio. 

Anche la famiglia ha, quindi, bisogno di tempo per comprendere la scelta vocazionale dei figli e per accoglierla. Non poche volte, infatti, essa è percepita come “un fulmine a ciel sereno”, che entra improvvisamente, senza nessun preavviso, nella vita della famiglia.

Anche per papà e mamma si delinea, allora, la possibilità di compiere un vero e proprio cammino di fede e di sequela dietro al Signore. Pensiamo ad Abramo che si sente rivolgere da Dio una chiamata: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio e offrilo…”. E Abramo lentamente giunge a dire il proprio Sì. È questo che auguriamo a te, cara Elisa e alla tua famiglia. Che la vocazione di vostro figlio possa essere segno di fecondità della vostra famiglia e, quando c’è fecondità, c’è vita! 

E la “guerra” in casa? Forse qualche incomprensione bisognerà affrontarla, ma ne vale la pena.